LIBRI E FILM PSI

In questa sezione trovi libri e film da me suggeriti in merito alle tematiche psicologiche e di crescita personale

CAMBIARE L'ACQUA AI FIORI DI VALERIE PERRIN

Violette Toussaint è guardiana di un cimitero di una cittadina della Borgogna. Ricorda un po’ Renée, la protagonista dell’Eleganza del riccio, perché come lei nasconde dietro un’apparenza sciatta una grande personalità e una vita piena di misteri. Durante le visite ai loro cari, tante persone vengono a trovare nella sua casetta questa bella donna, solare, dal cuore grande, che ha sempre una parola gentile per tutti, è sempre pronta a offrire un caffè caldo o un cordiale. Un giorno un poliziotto arrivato da Marsiglia si presenta con una strana richiesta: sua madre, recentemente scomparsa, ha espresso la volontà di essere sepolta in quel lontano paesino nella tomba di uno sconosciuto signore del posto. Da quel momento le cose prendono una piega inattesa, emergono legami fino allora taciuti tra vivi e morti e certe anime, che parevano nere, si rivelano luminose. Attraverso incontri, racconti, flashback, diari e corrispondenze, la storia personale di Violette si intreccia con mille altre storie personali in un caleidoscopio di esistenze che vanno dal drammatico al comico, dall’ordinario all’eccentrico, dal grigio a tutti i colori dell’arcobaleno. La vita di Violette non è certo stata una passeggiata, è stata anzi un percorso irto di difficoltà e contrassegnato da tragedie, eppure nel suo modo di approcciare le cose quel che prevale sempre è l’ottimismo e la meraviglia che si prova guardando un fiore o una semplice goccia di rugiada su un filo d’erba.

Copertina del libro

Copertina del libro "Cambiare l'acqua ai fiori" di V. Perrin

IL NIDO DELLO STORNO DI THEODORE MELFI (2021) NETFLIX

Il nido dello storno (The Starling) è un film del 2021 diretto da Theodore Melfi, con protagonisti Melissa McCarthy e Chris O'Dowd.

Lilly e Jack sono una coppia impegnata nell'affrontare la prematura scomparsa della loro figlia. Jack si ritroverà rinchiuso in una clinica psichiatrica, mentre Lilly si ritrova a casa da sola a gestire i propri sentimenti con difficoltà. Lilly sta cercando di tenere duro per il ritorno di Jack dalla struttura. Impiegata in un negozio di alimentari, lavora per mantenere la proprietà della sua famiglia. Come se i problemi di Lilly non fossero abbastanza gravi, uno storno il cui nido è su un albero nel suo cortile inizia a molestarla e ad attaccarla e lei diventa ossessionata dall'idea di fermarlo. Dando priorità al dolore di Jack senza gestire il proprio, un consulente dell'ospedale di Jack suggerisce a Lilly di vedere qualcuno per la sua salute mentale prima che torni a casa. Questo la porta nell'ufficio di Larry Fine, un eccentrico psichiatra diventato veterinario. Formano un legame unico e improbabile mentre si aiutano a vicenda a riconoscere e affrontare i loro problemi.

Un film davvero molto intenso ed emotivamente stimolante sulla tematica della perdita, del lutto. 

Locandina del film

Locandina del film "Il nido dello storno"

THE STANFORD PRISON EXPERIMENT

Samo negli anni ’70 alla Stanfond University, Philip Zimbardo stava studiando il comportamento degli individui una volta inseriti in un gruppo e per farlo creò una simulazione in una finta prigione. Secondo la sua teoria, le persone tendono a perdere la propria consapevolezza individuale, il senso di responsabilità, questo avrebbe favorito la messa in atto di comportamenti antisociali. Questo doveva accadere indipendentemente dalle caratteristiche individuali delle persone. L’esperimento è una dimostrazione anche di come il ruolo sociale influenzi il comportamento della persona a cui è stato assegnato. La simulazione della prigione sarebbe dovuta durare due settimane ed era attiva 24 ore al giorno, per questo motivo i partecipanti che avevano il ruolo di “guardia” facevano turni da 8 ore, in gruppi da tre, mentre quelli che avevano il ruolo di “prigioniero”, ovviamente rimanevano nelle celle e nella zona comune per tutto il tempo.

Il campione era stato selezionato a partire da studenti volontari, tramite un annuncio su una rivista e la partecipazione era ricompensata con 15 dollari al giorno. Tra tutti quelli che si erano presentati, ne vennero scelti 24 maschi, appartenenti al ceto medio. Tramite test e questionari erano stati individuati i più maturi e stabili fisicamente e psicologicamente ed esclusi coloro che avevano mostrato comportamenti antisociali. I partecipanti venivano divisi, in maniera casuale, in due gruppi: quello delle “guardie” e quello dei “prigionieri”. Anche Zimbardo e i suoi collaboratori avevano dei ruoli amministrativi all’interno del finto carcere per dare delle direttive una volta iniziato l’esperimento, senza interferire con la simulazione. Le guardie venivano provviste di divisa, manette e manganello e per tutto il tempo dovevano indossare occhiali da sole a specchio. I prigionieri, invece, avevano una tunica col numero identificativo cucito sopra, non avevano indumenti intimi una catena alla caviglia e per mimare il taglio di capelli dovevano portare una calza di nailon sulla testa. Tutti questi punti servivano a creare uniformità tra i membri dello stesso gruppo e per l’appunto assegnare i rispettivi ruoli in maniera evidente e la perdita dell’individualità.

Zimbardo si era aspettato due settimane piene di noia, inaspettatamente, l’esperimento fu interrotto al sesto giorno per l’escalation di aggressività che si era verificato. Le guardie avevano iniziato ad abusare del loro potere. Alcuni prigionieri avevano tentato di evadere, molti mostravano segni di sofferenza fisica e psicologica già dopo un paio di giorni. Sono breve, perché se ne volete sapere di più potete guardare il terzo film di cui parlerò, oppure cercare su internet. Concentriamoci sulle recensioni dei film tratti da questo storico esperimento, in ordine di anno d’uscita.Si tratta di un film imprescindibile grazie al quale si possono vedere con precisione assoluta i cambiamenti che si verificano all’interno delle persone: i prigionieri e le guardie. Il rapporto che si stabilisce tra di loro ci induce a riflettere sui ruoli sociali, le norme e la natura degli esseri umani.

Locandina film

Locandina film "The Stanford prison experiment"

IL BAMBINO CHE SEI STATO. UN METODO PER LA CONOSCENZA DI SÉ DI W. H. MISSILDINE

Quello che fai, e ancor di più quello che pensi di non poter fare, dipende dal modo in cui ti giudichi e dagli “occhiali” con cui guardi il mondo che ti circonda. Alcune di queste “lenti” sono buone, ti fanno stare bene, mentre altre sono nocive, nella misura in cui ti provocano dolore. Molte delle tensioni e delle ansie che ti causano sofferenza dipendono da sentimenti che affondano le radici nel passato, e più precisamente nella tua infanzia. Questi sentimenti antichi sono mantenuti in vita dagli sforzi che fai per arginarli, rinnegarli e respingerli. Già, gli atteggiamenti che adottiamo nei confronti di noi stessi sono in larga parte determinati dall’atmosfera emotiva che abbiamo respirato nella nostra famiglia d’origine, nel periodo della prima infanzia. In altre parole, tendiamo a trattarci come ci trattavano i nostri genitori. All’adulto che sei oggi alcuni di questi atteggiamenti forse sembrano poco sensati, irrazionali, fuori di testa. Ma non lo sono affatto per il bambino che sei stato. Un bambino costruisce la propria identità, scopre che tipo di persona è e cosa prova nei confronti di se stesso, attraverso la relazione con i propri genitori. E soprattutto impara ad esplorarsi attraverso le reazioni che i genitori hanno ai suoi comportamenti. A prescindere dalla qualità di questa relazione, per il bambino che sei stato il clima respirato nell’infanzia era, e forse è ancora. casa.

La vita, come la intendi e come la vivi, l’hai appresa in questo contesto storico. Quali che siano le sue peculiarità, hai acquisito dalla tua famiglia quella sensazione di “essere a casa”. È proprio questa sensazione che il bambino che sei stato sta perennemente cercando. (W. Hugh Missildine) È per questo che il bambino del passato cerca continuamente di portarti a rivivere l’intimità della tua infanzia: vuole ripristinare la sicurezza dell’ambiente familiare. Il suo obiettivo è farti sentire a casa. Ti riporta lì perché ricerca con insistenza questa sensazione. Non a caso il meglio di sé lo dà nei momenti di stress!

Che genitore vuoi essere per te? Se vuoi incontrare il bambino che sei stato, prenditi un po’ di tempo e prova ad analizzare tutti gli atteggiamenti che hai dovuto subire quand’eri bambino e che hai vissuto con fastidio. Non farlo per processare i tuoi genitori – servirebbe a poco! – fallo perché diventando genitore di te stesso (ora sei Adulto, non dimenticarlo…) potrai smettere di autoinfliggerti i comportamenti che ti hanno fatto soffrire in passato. Se ti tratti come ti trattavano i tuoi genitori, ti sentirai relativamente al sicuro, ma continuerai a utilizzare schemi che ti sono stati utili in passato (per avere amore e attenzione dai tuoi genitori) ma che ora non servono più e che probabilmente ti fanno soffrire.

Ma come si fa a diventare buoni genitori di se stessi? Sono necessarie tre cose:

1. riconoscere i sentimenti angosciosi e loro origine nell’infanzia;

2. accettare questi sentimenti e rispettarli come parte di noi;

3. porre loro dei limiti, in modo che non dominino più la nostra capacità d’azione.

Non sarà semplice. Ai bambini le restrizioni non piacciono. E il tuo bambino del passato inizialmente si sentirà smarrito, perché comincerà a perdere quella sensazione di casa. Gli ci vorrà un po’ di tempo per abituarsi alla nuova dimora emotiva; fino ad allora temo che dovrai sopportare un po’ di disorientamento. Ma quando sarai diventato un bravo genitore di te stesso ti renderai conto che ne sarà valsa davvero la pena. Il tuo bambino del passato si sentirà al sicuro tra le braccia del genitore di te stesso che sarai diventato: una guida amorevole e all’occorrenza severa.

Copertina del libro

Copertina del libro "Il bambino che sei stato" di W. H. Misseldine

IL CODICE DELL'ANIMA. CARATTERE, VOCAZIONE, DESTINO DI JAMES HILLMAN

Il codice dell’anima è il celebre saggio in cui Hillman espone la teoria della ghianda spiegando come essa influisca sulla nostra vita. Dentro ognuno di noi, già alla nascita, vi è un seme unico e distinto che ci chiama a realizzare qualcosa di altrettanto unico e distinto: è la ghianda che racchiude in sé il potenziale destino di quercia. In alcuni la chiamata sembra più forte che in altri, ma anche se non la ricordiamo, anche se la sua voce si è persa nelle maglie della vita adulta, in realtà non ci abbandona mai. È sempre dentro di noi e quando alla domanda “Cosa vorresti fare nella vita?”, rispondiamo “Non lo so”, inconsapevolmente stiamo mentendo. Per ritrovarla dobbiamo ripercorrere la nostra biografia, la storia vissuta fino a oggi e focalizzarci sull’infanzia perché è lì che per primo il daimon si è manifestato: in ciò che ci piaceva fare, nel tipo di carattere con cui siamo venuti al mondo. Torniamo per un po’ il bambino/a che siamo stati e permettiamoci di esserlo, di ricordare cosa catturava la nostra attenzione, con quale sfumatura facevamo esperienza della vita, quali giochi amavamo e quali evitavamo. Si parte da qui per riaprire il canale di comunicazione col nostro daimon, ma perchè farlo? Perché riconoscere che la vocazione è un dato fondamentale dell’esistenza umana trasforma il panorama a cui i nostri occhi si sono stancamente abituati vivacizzandone i colori ed esaltandone le forme. I problemi, gli ostacoli incontrati lungo il cammino acquistano un senso, “fanno parte del disegno dell’immagine, sono necessari a esso e contribuiscono a realizzarlo”. Una vocazione può essere rimandata, elusa, a tratti perduta di vista. Oppure può possederci totalmente. Non importa: alla fine verrà fuori. Il daimon non ci abbandona. E se il daimon si manifesta per la prima volta nell’infanzia, capiamo bene quanto importante sia il ruolo dell’adulto in questa fase: il bambino è dipendente da lui sia fisicamente sia emotivamente. L’adulto è la sua guida, il suo maestro e dovrebbe avere un unico obiettivo: assecondare coscientemente la sua crescita naturale. Per questo motivo, Hillman scrive che “questo libro sta dalla parte dei bambini”, soprattutto di quei bambini definiti “problematici” perché seguono il ritmo di una musica diversa da quella a cui le nostre orecchie adulte si sono ormai abituate. Voglio che riusciamo a vedere come ciò che fanno e che patiscono i bambini abbia a che fare con la necessità di trovare un posto alla propria specifica vocazione in questo mondo. I bambini cercano di vivere due vite contemporaneamente, la vita con la quale sono nati e quella del luogo e delle persone in mezzo a cui sono nati. L’immagine di un intero destino sta tutta stipata in una minuscola ghianda, seme di una quercia enorme su esili spalle. E la sua voce che chiama è forte e insistente e altrettanto imperiosa delle voci repressive dell’ambiente. La vocazione si esprime nei capricci e nelle ostinazioni, nelle timidezze e nelle ritrosie che sembrano volgere il bambino contro il nostro mondo, mentre servono forse a proteggere il mondo che egli porta con sé e dal quale proviene.

Hillman mostra esempi concreti della teoria della ghianda analizzando l’infanzia di alcuni personaggi diventati celebri come il filosofo inglese R. G. Collingwood, il torero spagnolo Manolete o l’attrice Judy Garland. Partendo da questi esempi mette in evidenza come non si tratti solo di seguire il daimon, ma anche di crescere, ovvero discendere pienamente in questa vita e aumentare la propria consapevolezza. Sempre tramite il mito platonico Hillman spiega chiaramente cosa si intende per “discendere nella vita”: L’anima discende in quattro modi: attraverso il corpo, i genitori, il luogo, le condizioni esterne. Per prima cosa, il corpo: discendere, cioè crescere, significa ubbidire alla legge di gravità, assecondare la curva discendente che accompagna l’invecchiamento. Secondo, accettare di essere un membro della tua famiglia, di fare parte del tuo albero genealogico, così com’è, con i suoi rami contorti e i suoi rami marci. Terzo, abitare in un luogo che sia adatto alla tua anima e che ti leghi a sé con doveri e usanze. Infine, restituire, con gesti che dichiarano il tuo pieno attaccamento a questo mondo, le cose che l’ambiente ti ha dato. Hillman ci invita, quindi, a guardare la nostra vita con occhi diversi e ad applicare questo nuovo sguardo anche all’esistenza dei nostri genitori e a quella dei nostri figli. Perché se interiormente siamo portatori di un’immagine, una chiamata che è solo nostra e che ci promette la felicità se ben vissuta, diventa chiaro quanto sia illusoria l’idea di una felicità uguale per tutti, di un percorso di vita “corretto” e uguale per tutti. Quel percorso che tacitamente ci viene proposto come fautore della felicità e indicatore di successo: sii un bravo studente, socievole e adattabile, sposati e riproduciti, sii un lavoratore instancabile e devoto, sii un cittadino ligio alle regole e divertiti nei momenti appropriati. Insomma, sii normale nel senso in cui io, società, concepisco la normalità.

Così, quando un bambino non va bene a scuola, non si adatta allo schema, per la società diventa un “problema”, uno da “correggere”, ma se al contrario avesse ragione lui? Se ci fosse semplicemente qualcosa che lo chiama altrove? Non è necessario conoscere la risposta, ma è fondamentale iniziare a porsi la domanda. Ciò che serve, l’anima lo usa. Sono strabilianti, anzi, la saggezza e il senso pratico che essa dimostra nell’utilizzare accidenti e disgrazie. E il seme cattivo? Esiste? O sono tutti intrinsecamente buoni? Hillman cita l’esempio di Hitler e di altri inenarrabili assassini che hanno insanguinato la storia, e mostra come esista anche una spinta distruttiva, un’indole che può indirizzare verso l’abominio. Ciò non significa che non ci sia speranza, ovvero che certe anime nascano per fare del male e del male faranno. Anche quando di per sé la vocazione viene considerata benevola, infatti, rappresenta in ogni caso una forza che può essere devastante se l’individuo non sviluppa una personalità e una psiche forte ed equilibrata. Judy Garland ne è stata un tragico esempio. Solo imparando a gestire il proprio daimon senza lasciarsi agire come burattini, si offrirà al daimon stesso la possibilità di esprimersi in tutta la sua potenzialità. Non è infatti possibile metterlo a tacere e negarlo può essere pericoloso, come accade spesso nel caso di un seme cattivo. Il daimon ci accompagna fedele e ci stimola alla grandezza, alla potenza. Vuole essere celebre e celebrato e non desidera altro che esprimersi. Per aiutarlo diventa indispensabile iniziare a promuovere un nuovo tipo di educazione, che torni all’origine del termine, ovvero che si dedichi a “portar fuori” ciò che ciascuno custodisce già dentro di sè al momento della nascita, piuttosto che tentare di riempirlo con concetti, date, eventi come fosse un contenitore vuoto. Il daimon chiama tutti, non solo chi la storia ricorderà, nel bene come nel male. Non esiste una chiamata mediocre, come sottolinea Hillman, ma solo vite in cui la chiamata viene rifiutata.

Copertina del testo

Copertina del testo "Il codice dell'anima" di James Hillman da Gli Adelphi

LA PRINCIPESSA CHE CREDEVA NELLE FAVOLE. COME LIBERARSI DEL PROPRIO PRINCIPE AZZURRO DI MARCIA GRAD POWERS

Ecco la storia di una principessa che trova il suo principe azzurro ma che scopre, come accade a milioni di donne, che non è tutto azzurro ciò che somiglia al cielo, e che nessun dolore è più atroce di quello inflitto dalla persona amata.

Marcia Grad, con il suo piccolo best-seller, ha aiutato migliaia di donne a liberarsi di rapporti non autentici, con uomini che non piacevano loro per ciò che erano, ma per quello che esse volevano o avevano bisogno che fossero. È ciò che accade a Victoria, la principessa che credeva nelle favole. Ma una serie di avventure in luoghi fantastici in compagnia di personaggi spiritosi e saccenti la porterà, insieme alle lettrici, a distinguere i sogni dalla realtà, a scoprire cosa sia veramente l'amore.

Copertina del libro

Copertina del libro

NOMADLAND DEL 2020

Frances McDormand interpreta una donna che lo ha perso tutto dopo il crollo economico che ha colpito la zona rurale del Nevada dove viveva. Quindi prende la sua roulotte e si dirige negli Stati Uniti occidentali per iniziare a vivere come nomade. Nel suo percorso incontra personaggi che ci fanno riflettere sulla vita e sulla libertà, sul trascendente nell’apparentemente irrilevante. Un film bello e terribile allo stesso tempo, pieno di sottigliezze e di una malinconia penetrante in cui la felicità spesso scaturisce da un dolore profondo tanto che ci chiediamo come stiamo organizzando la nostra vita e fino a che punto possiamo davvero essere liberi.

Locandina del film

Locandina del film "Nomadland" del 2020, vincitore di 3 premi Oscar

INSTINCT DEL 1999

Con Anthony Hopkins e Cuba Gooding Jr. come co-protagonista, non poteva non generare grandi aspettative e devo dire che questo film le soddisfa pienamente tutte. Cuba Gooding Jr. è un giovane e promettente psichiatra che cerca di scavare in profondità nei segreti della mente di un antropologo (Anthony Hopkins) che è stato accusato di aver ucciso e ferito alcuni ranger durante la sua permanenza in Africa. Tuttavia, ciò che sembrava essere un semplice esame di routine in una prigione, diventa un viaggio nei meandri più oscuri della nostra società, dove viene messo in discussione il nostro desiderio di potere e di controllo. Un film che non lascia indifferenti, soprattutto per le domande che genera.

Locandina film

Locandina film "Instinct - Istinto primordiale" (1999)

IRVIN YALOM UN GRANDE MAESTRO DA LEGGERE

Irvin David Yalom, indicato come Irvin D. Yalom in tutte le sue pubblicazioni e nel suo sito (Washington, 13 giugno 1931) è uno scrittore, psichiatra e docente statunitense, autore di narrativa e saggistica, professore emerito di Psichiatria all'Università di Stanford, e psicoterapeuta di scuola esistenzialista.

Nato in una famiglia ebraica a Washington DC nel 1931, è cresciuto in un ambiente assai povero. Per evitare i rischi del suo quartiere, ha trascorso gran parte dell'infanzia in casa, dedicandosi alla lettura. Si laurea Bachelor of Arts alla George Washington University nel 1952 e Doctor of Medicine alla University School of Medicine di Boston nel 1956. Si specializza al Mount Sinai Hospital di New York, e presso la Clinica Phipps del Johns Hopkins Hospital a Baltimora completa la sua formazione nel 1960. Dopo due anni di servizio nell'esercito al Tripler General Hospital di Honolulu, Yalom inizia la carriera accademica presso la Stanford University nella quale entra nel 1963 per restarvi fino al 1968. Poco posteriori a questo periodo sono alcuni dei suoi traguardi più importanti riguardo all'insegnamento della psicoterapia di gruppo e allo sviluppo del suo modello di psicoterapia esistenziale. Oltre a pubblicazioni divulgative, Yalom ha scritto romanzi e sperimentato tecniche di scrittura. In "Terapia allo specchio" Yalom scrive con Ginny Elkin il primo libro in cui sono condivise le riflessioni di entrambi: psichiatra e paziente, alternativamente. Ginny Elkin è lo pseudonimo di una giovane scrittrice diagnosticata "schizoide" dalla psichiatria classica che, dopo diverse terapie, entra in trattamento privato con Yalom. In "Terapia allo specchio" è riportata la loro relazione terapeutica.

Le opere di Yalom sono state utilizzate come libri di testo e di lettura collettiva per studenti di psicologia.

Per la sua visione nuova e unica della relazione col paziente/cliente l'autore è stato aggiunto al programma di Psicologia del John Jay College of Criminal Justice di New York City.

Nel 2000, l'American Psychiatric Association ha insignito Irvin Yalom del Premio Oskar Pfister (dedicato allo psicoanalista e religioso Oskar Pfister) per i contributi importanti alla religione e alla psichiatria.

Yalom continua a lavorare part-time nel suo studio privato, ha autorizzato una serie di filmati sulle sue tecniche terapeutiche ed è citato nel documentario del 2003 Flight from Death, che indaga il rapporto tra violenza umana e paura della morte, in relazione all'influenza del subconscio.

Sposatosi con l'autrice Marilyn Yalom, scomparsa nel 2019, ha avuto quattro figli.

Pubblicazioni Romanzi:

- Terapia allo specchio (Every Day Gets a Little Closer, 1974) (Neri Pozza, 2020) When Nietzsche Wept, 1992;

- E Nietzsche pianse (Rizzoli, 1993); Le lacrime di Nietzsche (Neri Pozza, 2006)

- Sul lettino di Freud (Lying on the Couch, 1996) (Neri Pozza, 2015)

- La cura Schopenhauer (The Schopenhauer Cure, 2005) (Neri Pozza, 2005)

- Il problema Spinoza (The Spinoza Problem, 2012) (Neri Pozza, 2012)

- Saggi Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo (con Molyn Leszcz) (The Theory and Practice of Group Psychotherapy, 1970) (Bollati Boringhieri, 2009) (Existential Psychotherapy, 1980) (Inpatient Group Psychotherapy, 1983) (Love's Executioner and Other Tales of Psychotherapy, 1989, Guarire d'amore, Rizzoli, Milano 1990, Nuova Ed.

- Guarire d'amore. Storie di psicoterapia, Raffaello Cortina Editore, 2015) (The Yalom Reader, 1998)

- Il senso della vita (Momma and the meaning of life, 1999) (Neri Pozza, 2016)

- Il dono della terapia (The Gift of Therapy: An Open Letter to a New Generation of Therapists and Their Patients, 2001) (Neri Pozza, 2014)

- Fissando il sole (Staring at the Sun: Overcoming the Terror of Death, 2008) (Neri Pozza, 2017)

- Creature di un giorno (Creatures of a Day - And Other Tales of Psychotherapy, 2015) (Neri Pozza, 2015)

- Diventare se stessi (Becoming Myself: A Psychiatrist's Memoir, 2017) (Neri Pozza, 2018)

Irvin D. Yalom (foto repertorio Wikipedia)

Irvin D. Yalom (foto repertorio Wikipedia)